Un materiale bio-based con proprietà uniche
La pelle, materia grezza dell’industria conciaria, è un materiale di recupero derivante da un’altra filiera produttiva: quella alimentare.
Più precisamente: la pelle è un SOA – Sottoprodotto di Origine Animale (ai sensi del Reg. UE 1069/2009) – recuperato dalle concerie e trasformato in un materiale ad alto potenziale, evitandone così lo smaltimento in discarica come rifiuto.
La quasi assoluta totalità della pelle raccolta e trattata nel mondo (parliamo del 99%) è un sottoprodotto derivante dall’industria della carne, provenienti dalla filiera bovina, ovina, caprina e suina. Nessuno di questi animali è allevato e abbattuto per la pelle.
Quindi, la pelle è un materiale circolare, rinnovabile, durevole e biodegradabile: in poche parole, è sostenibile e bio-based per natura. Ma la sua percezione presso l’opinione pubblica è troppo spesso ingiustificatamente negativa, a causa della “cattiva eredità” del passato e delle fake news diffuse da estremisti ideologicamente contrari alla produzione animale.
Il termine cuoio, invece, indica la pelle che, dopo aver subito trattamenti fisici, chimici e meccanici – ossia il processo di concia (clicca qui per scoprire le diverse principali tipologie di concia) – diventa un materiale imputrescibile che si presta a essere utilizzato dall’industria manifatturiera per la produzione di un elenco sterminato di articoli. Per esempio: calzature, accessori di pelletteria, capi di abbigliamento, prodotti di arredamento e complementi di interior design, interni auto, articoli tecnici. Si tratta di un materiale unico, sia per natura che per caratteristiche, da sempre fortemente apprezzato dal consumatore per le performance tecniche e sensoriali. Tale apprezzamento è un valore, che va tutelato in un’ottica di trasparenza, anche dal punto di vista della terminologia commerciale (clicca qui per scoprire di più sulla corretta terminologia della pelle e sulle normative in vigore a riguardo).
In funzione dell’attuale contesto climatico e ambientale le scelte dei consumatori si stanno orientando verso materiali sempre meno impattanti.
In quest’ottica, hanno acquisito un notevole interesse i materiali bio-based, cioè derivati da fonti rinnovabili, biomasse vegetali o animali e che, per evidenti ragioni, si differenziano dai materiali che hanno origine fossile, derivati del petrolio. Per esempio: i materiali sintetici.
La pelle, data la sua origine, è, invece, un materiale bio-based a tutti gli effetti e a dimostrarlo scientificamente è l’analisi contenuta nella pubblicazione “Material Circularity: A Novel Method for Biobased Carbon Quantification of Leather, Artificial Leather, and Trendy Alternatives”. Lo studio è stato pubblicato su MDPI – Coating Journals, è firmato dalla società di ricerca Ars Tinctoria, da accademici dell’Università di Firenze e da ricercatori di CNR-INO e LENS e ha analizzato il radiocarbonio, tramite spettroscopia SCAR, per verificare l’incidenza di carbonio biobased nei campioni di materiali (pelle, alternative sintetiche e sedicenti vegetali) per discernerne la composizione. Il range dei risultati riconosce che la naturalezza della pelle è superiore a quella delle presunte alternative green. Nella pelle conciata il contenuto di carbonio bio-based varia tra il 65% e 96% a seconda del tipo di lavorazione realizzata, a differenza dei materiali “alternativi alla pelle”, dichiaranti origini bio-based, in cui il componente maggioritario deriva da fonti fossili.
Clicca qui per consultare lo studio completo
Sia i materiali Bio-based sia quelli derivanti da fonti fossili sono a base di carbonio.
Fondamentalmente non c’è differenza tra il carbonio proveniente da biomassa o da fonte fossile in termini di struttura. La differenza tra questi materiali la si vede nel momento in cui vengono smaltiti a fine vita.
La pratica più diffusa, che riguarda anche i materiali riciclati, è l’incenerimento, il cui risultato comporta l’emissione in atmosfera – sottoforma di CO2 – degli atomi di carbonio costituenti il materiale.
L’anidride carbonica (CO2) è uno dei gas a effetto serra (greenhouse gas o GHG) che maggiormente contribuiscono al riscaldamento del pianeta. Per questo motivo bisogna bilanciarne il più possibile la presenza in atmosfera.
Quella derivante da incenerimento di materiali bio-based è neutra ai fini del bilancio di CO2 in atmosfera, poiché si tratta di anidride carbonica che era già presente e, in base il ciclo del carbonio, è stata sottratta all’atmosfera, intrappolata nelle piante e, attraverso l’alimentazione, è stata assimilata dal metabolismo dell’animale. A seguito dello smaltimento del materiale a fine vita – in questo caso, la pelle – la CO2 viene rilasciata di nuovo in atmosfera.
Emissione di CO2 da smaltimento materiali ad alta percentuale bio-based
CO2 assorbita = CO2 generata
La CO2 derivante dallo smaltimento di materiali da fonti fossili, invece, è CO2 extra che viene immessa in atmosfera: si tratta di atomi di carbonio rimasti racchiusi nel petrolio per milioni di anni e che ora entrano nuovamente in circolo, incrementando la propria concentrazione in atmosfera. In altri termini, nei cadi dei materiali sintetici, la CO2 assorbita è pari a 0 e quella generata è pari al 100%
Emissione di CO2 da smaltimento materiali derivanti da fonti fossili
CO2 assorbita = 0% ; CO2 generata =100%
Le caratteristiche inimitabili della pelle e le sue “imitazioni”
La pelle è composta per almeno l’85% da fibre di collagene, proteina fibrosa che reagisce direttamente con le sostanze utilizzate nel processo conciario.
La naturale struttura costituita da queste fibre intrecciate fra loro determina caratteristiche estetiche e prestazionali inimitabili e non riproducibili e garantisce resistenza, durabilità, elasticità, flessibilità e capacità di adattamento a varie forme. Non solo: è anche traspirante e allo stesso tempo isolante.
A seguito del processo conciario, queste caratteristiche vengono esaltate e la pelle diventa incredibilmente versatile, sia sul piano funzionale che estetico, diventando ideale per numerosi utilizzi manifatturieri.
La pelle coniuga in sé tradizione e memoria del passato con la visione di un futuro fatto di materiali naturali, creativamente declinabili all’infinito, ricchi di prestazioni e valori che si mantengono nel tempo.
Per tutti questi motivi la pelle vanta molteplici tentativi di imitazione, che tuttavia non ne replicano le caratteristiche prestazionali, tecniche e stilistiche.
L’alternativa alla pelle è storicamente sempre stato il sintetico, che, come evidenziato sopra, è completamente derivato da fonti fossili, con tutte le relative conseguenze in termini di sostenibilità, ma, negli ultimi anni si è imposta all’attenzione pubblica anche una gran varietà di nuovi materiali, i cosidetti “plant-based material”, il cui unico (o quasi) slogan per definirsi green e sostenibili, è stato quello di autodichiararsi migliori della pelle, per un aspetto piuttosto che per un altro.
Premesso che l’innovazione dei materiali è uno step fondamentale nella transizione verso la sostenibilità, non si sa quasi nulla della maggior parte di questi materiali, al di là delle informazioni utilizzate per superficiali strategie di marketing, con un’assoluta assenza di argomentazioni scientificamente supportate e di trasparenza rispetto alle caratteristiche tecniche peculiari.
Dal punto di vista della sostenibilità, invece, della pelle, delle sue caratteristiche, delle sue perfoemance e del processo conciario si conosce tutto.
Una prima testimonianza di ciò la si può trovare nello studio “Comparison of the Technical Performance of Leather, Artificial Leather, and Trendy Alternatives” condotto da FILK (istituto tedesco indipendente specializzato nell’analisi di materiali) dove sono state valutate e confrontate le proprietà fisiche e di resistenza della pelle e dei materiali che si presentano come sue alternative.
I risultati complessivi dello studio evidenziano in maniera chiara come nessuno di questi materiali “alternativi” possieda tutte le alte caratteristiche prestazionali della pelle, e quindi in realtà non ne rappresentano una valida alternativa.
Il processo di concia in breve
La concia rende la pelle grezza imputrescibile e resistente all’umidità.
In base agli agenti concianti utilizzati, esistono differenti tipologie di processo produttivo che avviene in bottali o vasche a seconda delle proprietà dell’articolo che si intende realizzare.
I tre metodi principali di concia sono:
Concia al cromo
Circa l’85% della pelle prodotta oggi è conciata al cromo. Il processo utilizza solfato di cromo trivalente (Cr III), agente conciante non tossico e non pericoloso per la salute e per l’ambiente.
La disinformazione sull’industria della pelle a volte suggerisce che verrebbe utilizzato cromo esavalente o Cromo VI (Cr VI), uno stato di ossidazione del cromo cancerogeno e rischioso per i consumatori e operatori.
Va scritto a caratteri cubitali: IL CROMO VI NON VIENE UTILIZZATO NELLA PRODUZIONE DI PELLE e sono in atto prassi ben definite ed efficaci nel settore per prevenire la sua formazione nelle fasi post-concia.
Il processo di concia al cromo è un processo moderno e ampiamente conosciuto e sicuro, costantemente aggiornato e attualizzato al fine di garantire un migliore assorbimento e, quindi, un minore utilizzo di qualsiasi agente conciante – a partire dal cromo III – e un ridotto consumo di acqua.
Le migliori pratiche di concia al cromo utilizzano la metà delle sostanze chimiche richieste da altri metodi e producono emissioni in acqua al di sotto dei requisiti legali. Tra i vantaggi di questo tipo di concia, inoltre, c’è anche la possibilità di riciclare completamente il cromo utilizzato (solfato di cromo III).
Il risultato è sotto gli occhi di tutti i consumatori: la concia al cromo produce pelli che permettono di confezionare scarpe, borse, abiti e quant’altro che possono essere utilizzate anno dopo anno senza perdere alcuna delle loro proprietà.
Concia vegetale
La concia al vegetale è il metodo di concia più antico. Gli agenti concianti sono i tannini estratti di legno e noci di alberi e arbusti, di cui il settore conciario si rifornisce da aziende che garantiscono la provenienza da fonti sostenibili. Rispetto alla concia al cromo, questo metodo richiede più tempo per conciare la pelle, ma il risultato è una pelle con un’estetica distintiva e una mano che invecchia magnificamente.
Il nome e la provenienza delle sostanze utilizzate in concia rendono facile pensare che la pelle conciata al vegetale sia più “ecologica”, ma è necessario considerare l’equilibrio nell’intero processo per fare un confronto più significativo con altri metodi. Per esempio, la concia al vegetale utilizza una minore quantità di tannini – materie prime naturali, sostenibili e rinnovabili – rispetto a quelle che utilizzano cromo III. L’effluente che ne deriva, però, richiede un maggior numero di trattamenti prima di poter essere scaricato.
Concia Chrome Free e Metal Free
Tutti gli altri metodi di concia hanno nomi differenti, ma di solito sono indicati come “chrome free”. Le pelli prive di cromo sono generalmente realizzate per garantire prestazioni specifiche, spesso per uso automobilistico. La più comune è la concia aldeidica che utilizza la glutaraldeide. Le pelli prodotte con questo agente conciante richiedono un numero maggiore di sostanze chimiche dopo la concia per migliorare le proprietà della pelle e per questo motivo l’effluente del processo senza cromo richiederà un trattamento aggiuntivo prima di poter essere scaricato.