Trasparenza
Produrre e poi comunicare in modo trasparente significa dare la possibilità di comprendere la reale qualità dei prodotti che si stanno offrendo sul mercato.
Oggi più che mai il consumatore vuole conoscere ciò che lo circonda e chiede sempre più informazioni sui prodotti che acquista, per poterne valutare caratteristiche, prestazioni e valori associati a ciò che comprerà e utilizzerà. Anche (e sempre di più) in merito alla sostenibilità dei processi di produzione dei beni acquistati.
Produrre e poi comunicare in modo trasparente significa dare la possibilità di comprendere la reale qualità dei prodotti che si stanno offrendo sul mercato.
Oggi più che mai il consumatore vuole conoscere ciò che lo circonda e chiede sempre più informazioni sui prodotti che acquista, per poterne valutare caratteristiche, prestazioni e valori associati a ciò che comprerà e utilizzerà. Anche (e sempre di più) in merito alla sostenibilità dei processi di produzione dei beni acquistati.
È quindi fondamentale comunicare i giusti elementi per un acquisto che sia sempre più consapevole, orientandosi tra molte e diverse strategie di marketing che spesso enfatizzano una specifica qualità, omettendo molte altre informazioni chiave e, quindi, fuorviando il consumatore.
La pelle è un materiale moderno, eclettico e ricco di significato, oltre che assolutamente conforme ai più alti parametri di sostenibilità di processo e di prodotto. Purtroppo, a volte viene percepito (e comunicato) come un materiale antico e statico ma possiede caratteristiche uniche, come la sensazione di calore che ne emana, la durevolezza dei prodotti, la sua resistenza nel tempo, la capacità di acquisire ulteriore valore e bellezza nel processo di invecchiamento, nello stile che trasmette e nella storia che porta con sé. Clicca qui per scoprire le maggiori qualità tecnico-prestazionali della pelle rispetto ai materiali alternativi, sia puramente sintetici che di nuova generazione.
Trasparenza significa concorrenza leale e comunicazione corretta.
Tutte qualità ancora fortemente apprezzate dai consumatori di oggi, che meritano trasparenza.
In Italia, grazie al Decreto Legislativo n. 68/2020, è stato definito cosa si può chiamare “pelle” e cosa no. I materiali alternativi impropriamente definiti utilizzando il termine “pelle” devono comunicare la loro vera natura/composizione con altri termini. Il decreto riprende le definizioni contenute in consolidati standard di settore e si affianca a norme simili presenti in altri Paesi, sia UE (Francia, Spagna e recentemente anche Portogallo) che extra UE (Brasile), e alla legislazione europea sull’etichettatura delle calzature.
La pelle italiana
La pelle italiana detiene da tempo un primato di eccellenza riconosciuta a livello globale. Una leadership forte e consolidata, costruita su qualità, innovazione tecnologica, ricerca stilistica e sostenibilità.
La bellezza, la creatività, le prestazioni tecniche e la tradizione artigianale che caratterizzano il Made in Italy definiscono per la pelle italiana un concetto più esteso di qualità.
Una pelle Made in Italy significa: selezionare le materie prime migliori in termini di qualità, origine e sostenibilità; controllare le fasi più strategiche del processo produttivo per conferire al prodotto le performance più adatte alle diverse destinazioni d’uso e per verificare le performance ESG; applicare la più avanzata tecnologia industriale al proprio sapere artigianale.
Così la pelle italiana diventa sinonimo di una qualità sostenibile, imprescindibile per la manifattura di borse, scarpe, articoli di abbigliamento, divani ed interni auto di pregio. Le fasce di prodotto a cui appartengono i clienti delle concerie italiane sono comunque molto differenziate. La presenza di concerie con grande flessibilità artigianale e di altre con produzioni altamente standardizzate permette di servire tutta la “piramide di mercato”, dal top di gamma della pelletteria al divano economico della grande distribuzione, con un livello di qualità unico al mondo.
Quando una pelle si può definire “italiana”?
Secondo le regole UE di origine doganale, la fase sostanziale del processo di trasformazione della pelle, da grezza a finita, che ne definisce l’origine è l’operazione di riconcia, tintura e ingrasso, che generalmente porta il materiale dallo stato “wet” (primo semilavorato ottenuto dalla lavorazione della pelle grezza) a quello “crust” (semilavorato allo stato secco). Le operazioni di rifinizione della pelle non permettono, in sé, di dare l’origine italiana, mentre sono italiane a tutti gli effetti le pelli finite ottenute facendo partire il processo conciario in Italia da una pelle grezza e/o semilavorata “wet” estera (sempre che tutte le altre fasi successivi vengano appunto fatte nel nostro Paese).
Gli enti di normazione italiano (UNI) ed europeo (EN) hanno definito il quadro relativo alle modalità di denominazione dell’origine della pelle attraverso lo standard di prodotto UNI EN 16484 “Denominazione di origine della pelle”, che è possibile garantire attraverso la relativa certificazione ICEC.