Tracciabilità

La tracciabilità è uno strumento, non un obiettivo

La tracciabilità per la pelle italiana è un metodo per garantire che le pelli grezze provengano da fonti eticamente accettabili e sostenibili, con particolare riferimento alle tematiche di deforestazione, benessere animale e impatto ambientale degli allevamenti.

Le pelli grezze utilizzate dalla nostra industria hanno origine, per la quasi totalità (oltre il 99,5% del totale), dalla macellazione di animali bovini e ovicaprini, che vengono allevati e abbattuti per fini alimentari.

La supply chain di riferimento risulta quindi notevolmente articolata, con diversi attori presenti e dinamiche di filiera del tutto particolari. La natura di sottoprodotto della pelle grezza, legata alla sua natura di scarto della carne e al suo conseguente valore limitato, comporta due effetti che vanno ad incidere sulla tracciabilità delle pelli:

dinamiche di mercato rigide che non consentono alle concerie di influire sulla domanda e sull’offerta di pelli
forti difficoltà a reperire le informazioni disponibili al macello sull’animale da cui le pelli hanno avuto origine

A questo bisogna aggiungere la difficoltà di coniugare le esigenze di tracciabilità, che tipicamente arrivano da valle della filiera (o da altri stakeholders, anche di natura istituzionale), con la più che comprensibile riservatezza delle informazioni richieste, spesso considerate strategiche dagli operatori a cui viene chiesta la loro condivisione.

Vi sono comunque elementi che al momento possono venire utilizzati per ottenere informazioni rilevanti per la tracciabilità di filiera.

Ad esempio, la disciplina normativa attualmente in vigore in UE per garantire la salute e la sicurezza alimentare obbliga il macello a trasferire le informazioni dell’animale (Paese di allevamento, Paese di abbattimento ecc.) per quanto riguarda la carne e i prodotti destinati al consumo umano, ma non ad associare tali informazioni agli altri sottoprodotti, incluse le pelli.

Un altro elemento importante per la tracciabilità di filiera sono i documenti commerciali obbligatori in Europa e i certificati sanitari per le pelli importate nell’UE, che accompagnano i sottoprodotti di origine animale, permettono comunque di risalire, per singolo lotto di pelle, al luogo di abbattimento dell’animale.

Il coinvolgimento dei fornitori è il punto chiave di questa importante sfida per la filiera pelli. Tale coinvolgimento è sempre stato problematico, proprio per lo scarso peso del valore delle pelli al macello, ma è in miglioramento negli ultimi anni. La recente normativa europea anti-deforestazione (Regolamento UE n.1115/2023 EUDR) obbligherà probabilmente gli operatori di filiera a una modifica radicale delle pregresse dinamiche di tracciabilità, con l’obiettivo di ottenere un ambiziosissimo tracciamento di tutta la supply chain fino all’allevamento di nascita del bovino.

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L’azione del settore conciario si concentra dunque, da un lato, nella continua sensibilizzazione dei fornitori sulle proprie esigenze informative e, dall’altro, nella partecipazione a progetti di filiera, sia nazionali che internazionali, finalizzati ad incrementare la capacità di trasmettere in modo efficiente le informazioni di tracciamento, sia nella parte upstream della supply chain, che all’interno della conceria stessa. Sottolineando come nella filiera possono anche essere presenti più concerie, che sviluppano fasi diverse del ciclo di produzione conciaria, con conseguente aumento della difficoltà di tracciamento.

Nel corso degli ultimi vent’anni, UNIC ha monitorato e testato diversi sistemi e strumenti di tracciabilità: documenti cartacei/elettronici, cartellini, etichette e altri marchi/segni sulla superficie della pelle, RFID, laser, DNA, traccianti chimici, UV, isotopi.. Nella valutazione dell’efficienza di tali sistemi/strumenti, è necessario considerare:

il prodotto da tracciare (la singola pelle o il lotto)
la sicurezza del tool (a prova di frode e manipolazione)
la resistenza agli stress chimico-meccanici del ciclo di produzione conciaria
l’assenza di effetti o interferenze sulla qualità della pelle

Non risulta ovviamente semplice sviluppare ed implementare un unico sistema/strumento di tracciabilità che risulta completamente efficiente alla luce delle suddette necessità.

In sintesi, lo sviluppo della tracciabilità per la filiera pelli non può avvenire senza:

una forte collaborazione da parte di tutti gli attori principali, che, da un’ottica di conceria italiana, significa coinvolgimento dei fornitori della materia prima (pelli grezze o semilavorate) e condivisione di esigenze e obiettivi con i clienti a valle
un giusto bilanciamento tra le esigenze di trasparenza (di alcuni operatori della filiera, tipicamente downstream) e la necessità di riservatezza (di altri operatori, tipicamente upstream)
una corretta valutazione della fattibilità del sistema di tracciabilità che si vuole costruire/implementare alla luce delle aspettative alla base

Le concerie italiane si approvvigionano di pelli grezze o semilavorate da circa 120 Paesi ogni anno e questo elemento le ha portate ad essere all’avanguardia nel reperimento e nella gestione delle informazioni di tracciabilità.

Guide, Standard e Certificazioni

I sistemi di tracciabilità hanno il massimo valore se vengono implementati utilizzando norme e standard pertinenti, anche per i dati da raccogliere e scambiare.

Pertanto, l’attuazione dovrebbe basarsi su norme e standard disponibili e riconosciuti per i dati, l’implementazione e la certificazione della tracciabilità al fine di favorire l’armonizzazione di concetti, approcci e termini e l’interoperabilità dei sistemi.

Il settore si è dotato di una serie di strumenti, come standard, linee guida e certificazioni, per sviluppare sistemi di tracciabilità e garantire elevati livelli di compliance agli stakeholders sul tema. Uno degli strumenti più utilizzati tra questi è la certificazione ICEC TS 410 e 412.

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Una proliferazione di approcci diversi e diversificati sulla tracciabilità rischia di portare ad un’impasse di certificazioni reciprocamente non riconosciute, ad un aumento di costi improduttivi per gli operatori costretti dai clienti a seguire schemi diversi.

Ed è per evitare questo rischio che la confederazione europea dei conciatori, COTANCE, ha, dal canto suo, offerto agli organismi di certificazione e alle altre parti interessate un punto di incontro, il “Leather Traceability Cluster”, all’interno del gruppo di lavoro CEN TC 289 (finalizzato alla creazione di standard UE nella produzione di pelle). L’obiettivo è settare, su base precompetitiva, principi e regole comuni, metodologie e confini di sistema omogenei per tutti i soggetti interessati a sviluppare standard e certificazioni per la tracciabilità della filiera pelli.

Vi sono anche altri utili strumenti a sostegno dello sviluppo della tracciabilità nelle filiere moda pelle internazionali.

Uno è la “Due Diligence Guidance for Responsible Supply Chains in the Garment & Footwear Sector”, elaborate dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Europeo). Vengono fornite raccomandazioni su come implementare una corretta tracciabilità nelle proprie attività moda e nelle relative catene di fornitura.

Un altro strumento arriva dall’UNECE (United Nations Economic Cooperation for Europe). Si tratta della “Recommendation n°46: Enhancing traceability and transparency of sustainable value chains in the garment and footwear sector” e connessi documenti di lavoro.