Pelli esotiche
Sebbene rappresentino una nicchia del settore conciario (meno dell’1% della produzione, per un fatturato annuo che in Italia si aggira sui 100 milioni di euro), l’approvvigionamento di pelli esotiche interagisce significativamente con l’ecosistema e le comunità locali coinvolte nella loro catena di fornitura. Il commercio delle specie esotiche, infatti, presenta alcune criticità connesse a disponibilità delle risorse, tutela della biodiversità e sostentamento delle popolazioni rurali, che influiscono sulle dinamiche di conservazione degli habitat in cui avviene il prelievo. Per questo motivo, attorno all’utilizzo di animali esotici per fini commerciali si sono sviluppate nel corso del tempo regolamentazioni e iniziative di tutela delle specie a livello internazionale. L’esigenza di tutelare la biodiversità e favorire lo sviluppo economico delle popolazioni che dipendono da questo commercio per la propria sussistenza mantenendo al contempo elevati standard di benessere animale ha dato vita dapprima alla Convenzione di Washington (CITES), stipulata nel 1975 e che garantisce la conservazione e legalità del commercio internazionale di oltre 35 mila specie di flora e fauna, e poi ad una serie di iniziative multistakeholder a livello internazionale.
Coccodrilli
Negli anni Sessanta, un gruppo di esperti, tra cui la IUCN (International Union for Conservation of Nature, formata da organizzazioni governative e da rappresentanti della società civile) ha iniziato a lavorare per trovare un bilanciamento fra la conservazione della fauna selvatica e le necessità delle popolazioni locali. Nel 1975, questi sforzi hanno prodotto uno strumento di regolamentazione internazionale del mercato, la Convenzione CITES. In parallelo, l’allevamento dei coccodrilli è stato pioniere nello sviluppo di un meccanismo per aiutare la conservazione e il ripopolamento della fauna selvatica. L’allevamento dei coccodrilli ha creato un modello di business sostenibile che incoraggia le popolazioni locali a proteggere gli animali e il loro habitat. L’allevamento dei coccodrilli è oggi un importante esempio di uso sostenibile della fauna selvatica.
Fondata nel 2016, ICFA (International Crocodilian Farmers’ Association) è l’associazione internazionale degli allevatori di coccodrilli, nata proprio con l’obiettivo di promuovere e applicare pratiche sostenibili di allevamento nell’industria dei coccodrilli in tutto il mondo con particolare attenzione al constante miglioramento del benessere degli animali negli allevamenti, l’incremento della biodiversità e la creazione di posti lavoro nelle comunità rurali che dipendono dall’utilizzo delle risorse naturali per il proprio sviluppo economico. ICFA è supportata dai principali marchi del settore del lusso, concerie, produttori e associazioni di imprese che mirano ad implementare i più alti standard etici nell’industria e ad assicurare che nelle proprie catene di fornitura siano perseguiti obiettivi di approvvigionamento sostenibile. ICFA è stata creata per guidare l’industria a sviluppare e implementare i più alti standard nelle pratiche di allevamento, così come definiti nei suoi standard ICFA 1001:2019. Gli standard rispettano i requisiti delle normative nazionali e internazionali, così come la normativa CITES.
UNIC e ICFA collaborano da diversi anni per promuovere, attraverso eventi congiunti di comunicazione ed iniziative di formazione, la sostenibilità della filiera pelli di coccodrillo.
Serpenti
I rettili prevalentemente utilizzati nel settore conciario provengono dalle zone dal Sud-Est asiatico. Le specie più grandi sono state storicamente impiegate dalle comunità locali, sia come fonte di sostentamento sia, in particolare, per ridurre l’impatto della predazione sul bestiame e sulla popolazione locale, che le utilizzava in diversi ambiti, tra cui cibo, medicina, pellami e produzione di strumenti tradizionali. Dagli anni ’30, la domanda di pelli di rettile da parte dell’industria dell’abbigliamento di lusso in Europa e Nord America è aumentata grazie all’estetica unica, alla resistenza e alla qualità delle pelli utilizzate per produrre prodotti di alta gamma. Questa domanda ha portato ad una notevole crescita del commercio internazionale di pelli di rettile. Circa il 90-95% delle pelli di rettile commercializzate viene prelevato dal proprio habitat naturale, per questo il commercio è regolato da governi locali e, anche in questo caso, dalla Convenzione CITES, al fine di monitorarne e regolarne il prelevamento a fini commerciali, per garantire che questo non metta a rischio la sopravvivenza delle specie. Oltre alla tutela della biodiversità, il commercio delle pelli di rettile garantisce posti di lavoro, reddito supplementare e una fonte di sicura di sostentamento alle popolazioni rurali del Sud-Est asiatico e incentiva la coesistenza degli autoctoni con le specie predatorie. Gli sforzi e gli investimenti da parte dei governi dei Paesi produttori e dei loro organismi di tutela della fauna selvatica, l’impegno degli scienziati, delle autorità di regolamentazione della fauna selvatica e dell’industria delle pelli di rettile, hanno fatto molto per modernizzare e legittimare l’industria regionale dei rettili del Sud-Est asiatico. L’applicazione di metodologie scientifiche di conservazione approvate e revisionate da esperti indipendenti, inoltre, sta dimostrando che le popolazioni di rettili selvatici sono sane e resistenti, in grado di sostenerne il prelevamento senza mettere a rischio gli ecosistemi e le specie locali. Tuttavia, le sfide rimangono e, nonostante le strutture esemplari nei Paesi di produzione che soddisfano i più elevati standard internazionali, è necessario continuare a lavorare per portare l’intero settore a una base comune di pratiche di sostenibilità e legalità che soddisfino le aspettative degli stakeholder nazionali e internazionali.
Seppur creato diversi anni prima in veste informale, il SARCA è stato formalmente istituito nel 2018 come iniziativa collaborativa di BSR (Business for Social Responsibility) ed è organizzato attraverso un modello associativo, composto da stakeholder di tutta la filiera. Tra i membri SARCA figurano anche organismi scientifici e normativi in materia di conservazione, tra cui il Gruppo di specialisti sui serpenti dell’IUCN SSC, l’Autorità di gestione CITES della Svizzera, una rappresentanza del Ministero indonesiano dell’Ambiente e delle Foreste, l’Istituto indonesiano delle Scienze e il Dipartimento malese della fauna selvatica e dei parchi nazionali. Il SARCA, che fino ad un paio di anni fa contava oltre 20 membri, attivi nel commercio di pelli di rettile del Sud-Est asiatico, tra cui rappresentanti di brand moda lusso, concerie, facilities e allevamenti nel Sud-Est asiatico sta oggi attraversando una profonda revisione. La nuova entità si muoverà sulla strada già tracciata dal SARCA, secondo una visione del commercio delle pelli di rettile che mantenga le popolazioni selvatiche di rettili, sostenga le economie locali e promuova i principi del benessere animale. Il nuovo soggetto che nascerà sulle orme del SARCA continuerà ad operare come piattaforma tecnica di una missione multi-stakeholder volta a promuovere catene di approvvigionamento responsabili e trasparenti di pelli di rettile del Sud-Est asiatico e a migliorare l’ambiente operativo del commercio nel suo complesso attraverso un approccio e una metodologia standardizzati al quadro di garanzia, basati sugli standard ISEAL e sostenuti da solide basi scientifiche e dal coinvolgimento delle parti interessate. Il quadro di garanzia definirà standard minimi e best practice, nonché un approccio per la valutazione del rispetto degli standard concordati e la revisione delle pratiche in ottica di ulteriore garanzia secondo il protocollo RRSS (Responsible Reptile Sourcing Standard) definito dal SARCA nel 2021 per stabilire i livelli di performance ambientale e sociale richiesti lungo la filiera secondo criteri di valutazione che comprendono integrità aziendale, benessere animale e responsabilità sociale e ambientale.
UNIC partecipa alle attività del SARCA dal 2017.
Canguri
Il benessere e la sopravvivenza dei canguri è fondamentale per tutti gli australiani e per il futuro dell’industria commerciale del canguro. I canguri sono protetti dall’Environment Protection and Biodiversity Conservation Act 1999 (EPBC Act), applicato e amministrato dai governi statali e territoriali. Una serie di leggi nazionali e statali inoltre è in vigore per conservare tutte le specie di canguri e wallaby (macropodi) e la biodiversità unica dell’Australia. La raccolta commerciale è un modo in cui alcuni Stati controllano le popolazioni elevate di canguri in determinate aree in modo sostenibile e pragmatico, per la produzione di carne e la raccolta della pelle. L’Australia è un Paese vasto che ospita oltre 40 milioni di canguri. Nessuna specie di canguro o wallaby la cui sopravvivenza sia minacciata può essere catturata allo stato brado. L’industria commerciale è autorizzata a catturare solo sei delle numerose specie di canguro e wallaby presenti sul territorio, nel rigoroso rispetto delle quote governative annuali fissate in genere tra il 10% e il 15% a seconda delle diverse specie di canguro. Senza un abbattimento e una raccolta a fini commerciali, le misure di gestione della popolazione dei canguri rimarrebbero comunque in vigore per fini di tutela della biodiversità. Ciò significa che le popolazioni di canguri sarebbero ancora mantenute a livelli sostenibili attraverso l’abbattimento da parte del governo: l’assenza di un’industria commerciale potrebbe invece portare a molte più cacce non regolamentate e illegali, con risultati più scarsi in termini sostenibilità e benessere degli animali.
Ispirandosi all’eredità della Kangaroo Industry Association of Australia (KIAA, fondata nel 1970) a partire dal 2023, l’Australian Wild Game Industry Council (AWGIC), rebranding di KIAA, rimane fermo nel suo impegno volto ad elevare l’industria commerciale del canguro e confermarsi punto di riferimento internazionale per la raccolta sostenibile della fauna selvatica secondo le migliori pratiche di animal welfare. L’abbattimento e la raccolta dei canguri è un obiettivo importante di AWGIC e rappresenta, come insegna il decennale sistema messo a punto dalle autorità australiane, il miglior modo per assicurarsi che le popolazioni di canguri non superino la capacità di rigenerazione dei terreni, così da garantire la sopravvivenza di tutte le specie di canguri e preservare la biodiversità. Questa gestione responsabile delle popolazioni dei canguri per scopi di conservazione generale è simile ad altri programmi di gestione della fauna selvatica intrapresi in tutto il mondo, come i cervi in alcune parti dell’Europa e del Nord America.
Clicca qui per scoprire di più sulla pelle di canguro (sito in inglese).